25 giugno 2008
Sono innamorata di te.

Etichette:

posted by Sisa at 19:01 | Permalink | 1 comments
Anima salva
19 giugno 2008
C’è un tempo in cui credi che ci siano risposte da dare. Credi di dover dare risposte a domande pesantissime che però non riesci a capire. Senti solo ronzare dentro di te dei punti interrogativi simili a vuoti e capisci che devi dare loro una risposta, devi trovare loro una collocazione o forse solo dare loro un motivo per acquietarsi, in modo che tu possa andare a letto la sera tranquilla, senza morse, senza vuoti, senza lacrime. C’è poi un tempo in cui capisci che non puoi rispondere a quelle domande finché non saprai cosa sono e credi di poterle ignorare, o almeno lo speri, te ne convinci. Perché non riesci a farne a meno ma non riesci nemmeno a risolverle, e allora soluzione non c’è. C’è poi un altro tempo in cui ti arrendi..solitamente non arriva dopo molto. Ti arrendi al tuo convincimento, ti arrendi perché vuoi disfarti di quei vuoti, di quelle morse. E cominci a dare nomi alle cose e soluzioni alle domande. Perché se un problema ha un nome ti sembra di poterlo affrontare più facilmente. Se sai cosa cercare ti sembra più facile trovarlo. Mera illusione. Soprattutto perché hai deciso tu di dare quei nomi, quegli obiettivi. Ma ne avevi bisogno, davvero bisogno. Il problema è però quando trovi quei nomi e quelle risposte e ti rendi conto che non bastano. Lì è davvero un problema, perché ti senti perduta, senza più punti di riferimento, senza più nemmeno la possibilità di appellarsi ai quei falsi appigli che ti eri creata. La reazione più normale, a quel punto, è decidere non che i punti di partenza fossero sbagliati, bensì i punti di arrivo. Cominci a diventare ipercritica con tutto quello che può sembrarti una risposta e lo scarti. Ben presto ti ritrovi a scartare tutto o quasi e ti rendi conto che niente va bene, che niente basta, che niente risolve quei vuoti allo stomaco. E allora che fare? Ti arrendi e credi che la soluzione non ci sia. Che non va bene così, che questo non è “normale”, ma semplicemente non esiste da nessuna parte del mondo la soluzione adatta a te. E non è colpa tua. Che bell’inganno sei, anima mia.

C’è un tempo in cui poi trovi qualcosa. Qualcosa che ti fa quietare quelle morse, quei vuoti per un bel po’ di tempo e così intensamente, così diversamente dal resto, dal solito, dal passato che ti convinci di avercela fatta, che tutte le tue scelte passate, tutto il tuo ipercriticismo a qualcosa è servito, che il tuo non esserti mai arresa alla mediocrità, non esserti mai accontentata di quel che trovavi alla fine ha pagato. Ha pagato perché non senti più le lacrime sgorgare dal di dentro, non senti più un vuoto esistenziale incolmabile.
E che bello il mio tempo, che bella compagnia.

C’è però poi un altro momento. Un ultimo momento,forse conseguenza di quello precedente, ma necessario. È l’ultimo momento. Quello in cui ti ritrovi seduta alla tua scrivania, in un 19 di giugno qualunque con aperto davanti a te il quaderno di glottologia che non ha un’aria propriamente invitante. La consapevolezza di non passare il prossimo esame ti pressa, sensazioni da capire ti ronzano dentro e la voglia di distrazione ti assale. E cedi, immancabilmente. Ti siedi al computer e ti metti a riordinare il tuo compagno di viaggio, il tuo i-pod. Appena hai finito leggi il titolo di una canzone. E pensi che sia una delle più belle che tu abbia mai sentito, forse decidi che è la tua preferita di quell’autore che adori..ma cosa servirà poi “decidere” la tua canzone preferita? Ti vien voglia di ascoltare quella canzone, ti viene voglia della inevitabile malinconia che deriverà dall’ascoltarla e dapprima ti rifiuti, perché di malinconia non c’è traccia nella tua vita ora. Ma poi ti sembra stupido “temere” una canzone e lasci andare Winamp, in modalità “ripetizione continua”. Ti sdrai sul letto e ti lasci trasportare dal flusso di coscienza che quella canzone fa scaturire in te. Dopo alcune considerazioni “tecniche”, del tipo “quest’uomo era un genio”, ti rendi conto che il resto della tua mente è inevitabilmente affogato in quella malinconia che tanto temevi. E allora si riapre il vuoto, la morsa, si riaprono tutte quelle cose che credevi di aver scacciato. Ti senti in colpa e il tuo ipercriticismo si rifa vivo e ne hai una paura indescrivibile. Ma ad un tratto realizzi che non c’è niente da criticare, che basta così, che sei tu a decidere della tua vita e non più il tuo vuoto, non più la morsa, non più lo stomaco. Capisci che si può essere una persona completa e felice anche con quelle morse e quei vuoti. Che non devi più rinnegare niente, che accettare questa parte di te non ti renderà falsa, né renderà meno bella la tua vita ora.

E poi c’è il momento più bello, in cui la musica sale, imperversa l’armonica e ti lasci trasportare dal suo suono un po’ antiquato che disegna però una melodia senza eguali. L’epifania è sempre il momento più intenso delle riflessioni, da cui nasce sempre un sorriso dolce. È questo il momento, in cui ti senti viva, ti senti “cresciuta”, ti fa sorridere la tua insicurezza passata e guardi indietro con l'amorevolezza e la comprensione con cui si guarda un bambino pasticcione. Ora ti senti in grado di prendere in mano la tua vita. Tu, in prima persona. L’armonica è interrotta dal suono di un sms. Ma l’sms è ben accetto, torni alla realtà, anche se non l’avevi mai abbandonata nel tuo viaggio mentale che aveva l’obiettivo di spiegare proprio questa. Leggo l’sms, nasce un sorriso. Non è chi speravi che fosse, non concluderò queste riflessioni nel modo romantico che avevo pensato, il "destino" non ha preparato questa scena da film. Ma ogni storia non può avere l’esito perfetto che speravi ed è proprio questa la lezione che hai imparato in questo momento. La tua anima è salva.

Etichette:

posted by Sisa at 13:54 | Permalink | 0 comments
Tiriamo le somme
17 giugno 2008
Quando hai 22 anni e non hai mai lavorato il tuo calendario funziona diversamente da tutti gli over 19 che non si sono iscritti all'università. Se poi fai anche attività sportiva a maggior ragione. Per questi motivi ti ritrovi a pensare che l'anno inizi a settembre e finisca a maggio, tutt'al più a giugno, che luglio e agosto siano vacanza e non sai nemmeno cosa sia l'anno fiscale, per non parlare di quello solare. Capodanno è solo una scusa per tornare tardi tardi. Ergo ti ritrovi a giugno, in realtà un po' in anticipo sui tempi e cominci a pensare. Ti siedi su un bel sasso, tiri un bel respiro, speri che la schiena non si lamenti troppo e tiri qualche somma. E in questo giugno estremamente piovoso scopro che settembre è lontanissimo. Mi concentro su "inizio anno" e mi accorgo che mi sembra sia passato un lasso di tempo molto più ampio di quello effettivo. I ricordi sono lontani, vaghi anche se in realtà ben fissati nella mia memoria. Semplicemente mi sembra siano passati anni e anni e quei momenti paiono scene di un film visto molto tempo fa, di cui ricordo a malapena la trama. Figuriamoci il finale. A settembre era tutto diverso... Ho iniziato l'anno al fianco di una persona. Ho iniziato l'anno cestistico con mille aspettative, carica come una molla, un po' titubante compiendo scelte come al solito più altruistiche del dovuto, ma pienamente consapevole. Già questi due punti non sono durati granché: settembre ha assistito al mio più grande cambio di rotta e l'entusiasmo inziale ha pian piano scemato, già dai primi mesi.. Settembre è stato un mese lunghissimo: dubbi, esitazioni, tentazioni, cedimenti, tradimenti, sorrisi, lacrime, sorrisi, speranze, paure, tradimento, abbandono, lacrime, lacrime, lacrime. E ottobre ne è stato il degno successore. E sull'altro piano la paura di aver commesso uno sbaglio dilagava, un post verde di novembre mi ricorda emozioni troppo lontane ma assolutamente non dimenticate. Voi, solo voi, sempre voi. Ma solo voi. Non bastano certe ragioni, certe volte. Non bastano a rifare la stessa scelta, lo stesso errore due volte di fila. Mi dispiace, forse sono egoista, forse sì, forse finalmente per una volta riesco ad esserlo. Mi spiace che ci andiate di mezzo voi, ma ne ho bisogno come l'aria. Se mi sembra che quest'anno sia stato così lungo è forse perché è stato incredibilmente intenso e perché ha stravolto la mia vita. Sono cambiata io, sono cambiate le persone che mi stanno intorno, sono cambiati i miei progetti di vita e i miei propositi..e poi sono dottoressa, perbacco! Sarà anche per questo? Sì, è stato un anno davvero intenso, ma irrimediabilmente positivo. Se settembre ha portato tante lacrime, è stato però anche in grado di regalarmi due persone speciali, una vecchia e riscoperta, e l'altra totalmente nuova, senza le quali non saprei proprio immaginare la mia vita ora e soprattutto non avrei saputo immaginarla allora. Se la delusione è stata più forte della speranza, l'amicizia ha però prevalso sempre su tutto e alla fine rimangono sorrisi bagnati e tenere promesse che aspettano solo di essere mantenute. Spero di non perdervi, mai. Se poi tutto è cambiato, le prospettive, le giornate, il modo di porsi e il maturare, è solo per un motivo. E sai benissimo qual è. Anzi, lo sanno un po' tutti in verità. Sto crescendo, sto accettando me stessa (la vera me stessa) in un rapporto a due. Sto imparando ad accettarmi (veramente), a sapermi prendere, a conoscermi senza imputarmi e a correggere il mio comportamento irrimediabilmente viziato, immaturo, lassista e fatalista (o "favolistico" se preferisci). E il merito è solo di una presentazione del 26 ottobre, di un torneo in novembre, di una serata a dicembre e dei successivi sei mesi. Il mio anno accademico e cestistico anche non è ancora finito, ma qualche somma la posso già tirare. E, senza l'aiuto della mia fidata calcolatrice, posso dire che il bilancio è positivo. Sì, Ivan, l'orizzonte sembra sereno. Non prevedo tempeste, ma le saprei affrontare molto meglio ora.

Etichette: ,

posted by Sisa at 18:05 | Permalink | 0 comments
E poi..
11 giugno 2008
18..23..due numeri che ti fanno sentire bene. Come non ti sentivi da tempo, da un paio d'anni almeno..tolte qualche sedute sporadiche estive alla corte di amici e compagni che però aiutano non poco. Qui no, ieri no. Anzi, a dire il vero va grandissimo merito a tutte perché sono ragazze che non mollano mai, che ce la mettono tutta e che hanno dei gran bei risultati. Ma soprattutto c'entra la tranquillità di 35 minuti nel clima più rilassato possibile. Non è la location, è l'ambiente, sono le persone, è la stima, la fiducia che traspare dai volti e dalle parole. è così che dovrebbe essere sempre, è così che un 23 diventa possibile.

E poi sfrecciare a 140 per una bella festa purtroppo rovinata dalla pioggia. Ed è sempre bello trovarsi noi, perché sì, perché siamo un bel gruppo, perché ci divertiamo un sacco e perché alla fine ai più "fissi" voglio davvero bene. E trovarsi su una panchina a spiegare ad un "meno fisso" la nostra genesi è proprio bello e in cuor tuo speri che duri il più possibile...

E poi c'è un messaggino..che ti sorge spontaneo in macchina, che mandi anche se sai che vedrai il destinatario a breve, che mandi perché hai proprio voglia di condividere quel 18 e quel 23 con lui. Vorresti mandarne due, ma ti sembra patetico, e allora cedi, contenta, a questa voglia che è proprio tenera.....

E poi c'è sempre un altro "tu", un pronome sempre presente nei post, quel "tu" con cui condividere tutto questo, che se non ci fosse quel "tu", tutto questo non avrebbe così tanta importanza...

Etichette:

posted by Sisa at 12:05 | Permalink | 1 comments
05 giugno 2008
Delle volte ci si rende conto che stare al mondo richiede notevoli sforzi. Anzi, più propriamente lo richiede il vivere in una società come la nostra. Ti devi sforzare sempre e comunque di mantenere alto il livello di concentrazione. Devi fare presenza. Devi ricordarti nomi e persone. Devi fare buon viso a cattivo gioco delle volte. Insomma è una continua recita. Poi arriva immancabilmente il momento in cui dici "ma chissenefrega, non mi interessa mantenere alta la concentrazione, ricordarmi compleanni e persone, visi e eventi" però poi scopri che la gente invece lo fa e ti dispiace un po'. Scopri che c'è gente che ancora dopo quasi due anni di vita del blog scrive su google "sisa blog" oppure altri sintagmi per cercarmi sulla rete. E anche qui la vanità, misto piacere, ti risveglia un po' di voglia di recuperare la concentrazione. Ti accorgi che un'amica ha avuto davvero bisogno di te mentre tu eri in ritiro spirituale. Ti accorgi insomma che non puoi proprio isolarti, che l'ascetismo è un miraggio troppo lontano, infattibile. Realizzi che la vita è un continuo intreccio di fatti e persone e che volente o nolente devi starne al gioco. Chiaramente non è così tragico come traspare dalle mie parole, ma se il tuo istinto non è quello di partecipare alla giostra cosa succede? Sei automaticamente bollato, questo è innegabile. "Non socializza". "Si è dimenticata di noi". "Certo che se non mi faccio sentire io...". Questa è una delle frasi che odio di più sentirmi rivolta contro, ma non entro in merito altrimenti devo intavolare un'argomentazione che puzzerebbe troppo di apologia e la cosa mi infastidirebbe ancora di più. Il discorso ha preso una piega strana. Sono felice di conoscere tantissima gente, di avere moltissimi amici, di essere così socievole come alla fin fine sono sempre stata. Quel che voglio dire è che è veramente stressante stare al passo con questo ritmo di vita. Chiaramente il discorso va letto più in profondità. Non sto dicendo che è noioso mantenere vivi certi rapporti, mandre un sms ogni tanto o che mi infastidisce la socializzazione allargata, non solo almeno. Come tutti i miei discorsi, anche questo nasconde pieghe ben più profonde. E allora forse bisogna leggere tra le righe una piccola obiezione per quanto riguarda i rapporti umani in generale, lo schema di aspettative che viene a crearsi nelle relazioni. E di qui si scivola facilmente nell'ambito del dare e avere, delle facciate, dei comportamenti indotti o meno. Come diceva il mio buon Milan? "Nell'istante in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, volenti o nolenti, ci adattiamo agli occhi che ci osservano, e nulla di ciò che facciamo ha più verità". I rapporti umani sono ossigeno, non si può vivere totalmente alienati dal mondo e dagli altri, ma quel che voglio dire è che forse abbiamo fatto un salto di troppo e il relazionarsi sta sfociando nell'influenzarsi a vicenda. Giò mi tirerebbe fuori i veli di Maya dicendo che la realtà esiste solo in quanto nostra percezione, per cui anche i comportamenti altrui sono interpretabili in base ai nostri strumenti di decodificazione che abbiamo a disposizione. Sarà..anche se mi sembrano quelle clarae et confusae conclusioni da filosofi per riuscire a eludere domande reali con risposte fittizie. In realtà tutto questo ragionamento non ha bisogno di alcuna risposta, né cerca una soluzione, una via di fuga, una chiave di volta. Volevano solo essere dei pensieri in libertà di una sera in cui la mente è stata libera di viaggiare, per una volta, da sola.

Etichette:

posted by Sisa at 00:52 | Permalink | 1 comments