questo è un post colore mare di Bora Bora..
26 febbraio 2008
E adesso? Quattro giorni DALLA laurea. E che cos'ho a quattro giorni da questo evento per me così importante? Un 105 in tasca, che desideravo tanto fosse almeno un 106 (che novità), a redimere un 73 della maturità. Vorrei andare dalla Luisella e sventolarle sotto il naso il mio diploma di laurea. Lo so, non è un granché. Ma forse è più di quanto si aspettasse. Ed è colpa sua se è ho preso solo 73. Un album di foto che continuo a riguardare. Sorrisi baganti da lacrime di gioia, di delusione, di emozione. Fiori rossi in mano, alloro in testa e una tesi verde tra le dita..pardon, color mare di Bora Bora. E un salto altisssssimo. Eh sì, ho saltato in alto stavolta. Spero di superarmi a breve. E in quelle foto tanti volti di persone care, la cui presenza conta tanto e l'assenza non pesa. Non preoccupatevi, non pesa. Il sorriso bagnato di mia madre, ci fosse stato bisogno di vederlo, e la voglia enorme di abbracciarmi, la stretta di mio padre, l'abbraccio di mia sorella e il suo splendido regalo, le battute di mio cognato, i baci di mia nipote, gli abbracci di tutti gli altri..dal mio fratellino, ai miei nonni, alla zia e al cuginetto. E Alex, che piacere che tu sia venuto, anche se tardi. E Ivan, che gioia vederti correre solo per la mia discussione e rimanerci così male avendola persa. E A. (come mi chiama lui su internet) e il suo post. Non c'eri alla discussione, ma che gioia leggere quelle parole. Grazie è riduttivo. E poi tra tutti il sorriso più smagliante. E tra tutte quelle persone, la più importante, l'ultima che ho abbracciato, come premesso. "Guarda che ti abbraccerò per ultimo", "Non importa, tanto dopo di te sarò il più felice". Non ricordo nemmeno chi sia stato il primo, forse Simi o forse mia madre. Ma so che tu sei stato l'ultimo. Tu, a cui sono dedicate queste righe scritte nel gelo della metro, tra le note dei Verve e un neonato mal di pancia. Tu, che ho appena lasciato andare agli allenamenti. Tu, che volevi a tutti i costi prestarmi la macchina e risparmiarmi il viaggio coi mezzi. Che dolce. Tu, a cui tante tante canzoni mi fanno pensare in questo ipod o perché yours are the sweetest eyes I've evere seen o perché Bob cantava in uno degli ultimi film visti, che ci è piaciuto tanto. E avrei tanto voluto vedere Reign over me con te. Tu, che per la laurea mi hai regalato un sogno, che hai realizzato uno dei miei desideri più grandi. Non vedo l'ora che arrivino quei giorni e spero durino per sempre. Quattro giorni dalla laurea. La realtà è che i fiori si stanno arrendendo alla forza di gravità, l'alloro si sta seccando, la camicietta e le scarpe sono riposte a prendere polvere (forse in attesa della prossima laurea?) e il tempo lentamente passa e va. Panta rei, diceva Eraclito. E questo perché il tempo non sa che Bergson lo ha suddiviso tra tempo oggettivo e soggettivo. Tutto scorre. Mentre io mi laureavo, da qualche parte qualcuno rideva, qualcuno moriva, qualcuno nasceva, qualcuno piangeva. Ma niente è cambiato. La verità è che siamo noi a dosare emozioni e lacrime, a scrivere post su giorni particolari, o meglio a rendere particolari certi giorni tali per cui dedichiamo loro un post. Francesco insegna che i sorrisi e le stagioni sono denari che van spesi con dovuta proprietà. Di sorrisi ne ho spesi davvero tanti, negli ultimi tempi soprattutto, ma credo che qui il ragionamento non valga. Credo che i sorrisi siano denari che si autorigenerano, credo che da un sorriso ne nasca un altro e così via a catena. Credo che siano ben più preziose le stagioni. Di stagioni, infatti, ne ho sprecate tante. Io, per motivi miei, senza dispensare colpe a nessuno. E ora basta, ora è il momento di vivere a pieno, partendo da 0. E tu, lo sai, non sono brava coi numeri, vuoi iniziare a contare con me?

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posted by Sisa at 22:04 | Permalink | 3 comments
Una settimana dalla laurea
16 febbraio 2008
Una settimana dalla laurea. Ora sono le 14.30: una settimana precisa. E cos'ho ora ad una settimana da questo momento così importante? Un po' di nervosismo per la discussione, per quello che dovrò dire e fare. Un po' di indecisione su cosa indossare per questo evento. Un po' di paura per come andrà, per quello che potranno dire e fare. Un po' di rammarico per un probabile 105 (spero!!) che poteva essere 110 e lode..tranquillamente. Mi consolo pensando che il primo anno di università è stato quasi un anno sabbatico, in cui seguivo i corsi, davo gli esami tanto per, senza avere bene idea di quello che facevo e perché. E non nego di aver dubitato della mia scelta un paio di volte. Un po' di preoccupazione per i prossimi esami e per la media che dovrò tenere sempre più alta. Ma basterà impegnarsi un minimo, come non ho mai fatto. Provare, per una sola volta nella mia vita, a dare tutta me stessa. Io, come dicevano al liceo i miei professori, sono un diesel: ci metto un po' a carburare, a concentrarmi, ma se capita che mi concentri non mi ferma più nessuno. Devo ancora esplorare tutte le mie potenzialità, perché quando rifletto su quello che faccio e come lo faccio (qualunque cosa, dallo sport allo studio), mi rendo sempre più conto che potrei dare mille volte di più. Quando la mia insicurezza mi abbandonerà totalmente? Solo allora verrà fuori tutto il mio potenziale. Forse. O forse solo mi illudo. Una settimana dalla laurea . Un po' di preoccupazione per la festa, per dove sarà, per quanto spenderò. Ma alla fine tutto ciò che spero è che ci siano tutti i miei amici a festegiare con me e a dimostrarmi il loro affetto. Spero che nessuno si lamenti del posto, dei cocktail, della musica, dello spazio perché vorrei solo ridere, festeggiare e divertirmi. E vorrei offrire da bere a tutti per ringraziarli di tutto. Di essere lì, di essere miei amici e di volermi così bene da voler festeggiare con me questo momento importante. Ok, è solo una laurea triennale, non conta un cazzo nella società di oggi, ma io fin da piccola sognavo di laurearmi, di poter dire "sono laureata". Credevo fosse l'orgoglio più grande di tutti. Odio la mia società che mi ha in parte privata di tale orgoglio, ma non me l'ha negato del tutto: sono emozionata, felice, orgogliosa lo stesso. Una settimana dalla laurea. Quel giorno ci sranno i miei genitori. Tutti e due per fortuna. E non vedo l'ora di vedere il sorriso di mia madre che so sarà accompagnato da due occhi lucidi, come lo sono ora i miei pensandoci. Non vedo l'ora dell'abbraccio fiero di mio padre che ci sarà, ci sarà. Ci sarà poi mia sorella, la mia sorellona che ha sempre creduto così tanto in me dimenticando forse a volte quanto anche lei valga, cosa non sminuita di certo dal fatto che ora la sua unica occupazione sia fare la mamma, anzi. Ci sarà anche la sua splendida creatura e mio cognato, che si è preso un giorno di ferie solo per me. Ci sarà il mio fratellino, che mi ha giurato di esserci e di tenerci. Non potevo immaginare questo giorno senza di lui. Il resto della mia famiglia, grande sostegno per me, ci sarà, a prescindere dall'età e dagli impegni. Non ci sarete voi due, ormai scomparsi, e soprattutto tu che sei andato via da poco e che avrei voluto facessi in tempo ad assistere a questo giorno. Non ci sarai tu, ormai uscito dalla mia vita, e, lo sai, mi spiace. Perché mi hai accompagnata per tutto il corso degli studi. Ti sei sorbito le menate pre e post esame. I sorrisi dei 28 le lacrime delle delusioni. Mi dispiace per te, non per me. Mi dispiace che le nostre speranze si siano frantumate, figlie di sogni non realizzabili. Chissà se sarai lo stesso orgoglioso di me. Ci saranno le mie amiche, ricordo di anni strani, tristi, molto difficili ma testimonianza di rapporti che durano, soprattutto con te, piccola comunista. Non ci sarai tu, Socia mia, e quanto ne soffro. Ci sarai alla prossima, spero. Non so chi altri ci sarà, ma ognuno significherà qualcosa. Una settimana dalla laurea, una metro che sfreccia verso Lambrate e un ipod che mi suggerisce l'umore, ora felice con gli 883, ora spensierato con gli Articolo31, ora dolce e pensieroso con Faber. Una settimana dalla laurea e due mesi e mezzo alle spalle. Ecco chi altri ci sarà: tu. La prima persona che vorrei abbracciare in un momento di gioia come questo. Una settimana dalla laurea. La stazione di Lambrate, le 15.00, il vento in galleria, una panchina, una penna che scorre e la voglia di correre da te. Ma è presto, prima devo finire questi pensieri, altrimenti resteranno inespressi nel mio cuore e non li recupererò più. Una settimana dalla laurea e una parola nella testa: GRAZIE. A tutti, ma soprattutto a te. Di essere entrato nella mia vita e di averla sconvolta. Ai miei genitori dedico la mia laurea, dedico questi tre anni di studio. A te dedico il resto che verrà. A te dedico la mia vita.

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posted by Sisa at 03:06 | Permalink | 2 comments
and now I walk into the wild
11 febbraio 2008
Mi piace avere un motivo per tornare a scrivere. E so che per questo capirai se adesso alle 2 di notte sono alla tastiera anziché riposare, godendo dei minuti che mi hai regalato. Ma credo che se certe cose non ti fanno riflettere, se dopo certi film non ti viene voglia di gridare, non puoi definirti propriamente uomo. O almeno, uomo nell’accezione in cui lo intendo io. “Se ammettiamo che l’uomo sia regolato dalla ragione, ci precludiamo la possibilità di vivere”: citazione number one. Perché non è solo questione di prendere e viaggiare. Non solo almeno. Non è solo questione di ribellarsi ai genitori che ti hanno ferito, di scoprire luoghi incontaminati e capire la bellezza della vita nel senso più primordiale. È proprio una questione filosofica, una filosofia che ho sempre abbracciato. È un voler rinnegare tutto il sistema, perché un sistema non dovrebbe esistere. E allora prendere e andare, andare dove ti porta il vento o dove ti portano i tuoi sogni. Viaggiare per lasciare i ruoli, le imposizioni, un senso della vita che non le appartiene, la società, la società, la società, la società!!!!!! Perché la società non esiste, è un’invenzione del XX secolo. La società ci rende cattivi perché ci vuol far credere che siamo diversi. In cosa poi? Non l’ho mai capito. Al liceo adoravo studiare filosofia perché mi sembrava che i filosofi conducessero la vita esattamente come andava vissuta: a fare niente, o almeno in senso stretto. Passare la vita pensando, vivendo gli attimi, riflettendo su ciò che ci circonda e godendo di ogni esperienza. E passavo ore a riflettere su questo. Mi chiedevo come mai si fosse persa questa abitudine. E mi ero resa conto di ciò che ha detto Alex stasera: che tutto è stato inventato. Tempo fa su questo blog, o su un altro, dicevo che le nostre vite sono fatte di semplici passatempo, che l’evoluzione delle comunità umane è consistita in questo fondamentalmente: nel creare diversivi per occupare il tempo. Sempre nella convinzione che si debba avvalorare la tesi della nostra diversità, perché se fossimo tutti uguali non avremmo bisogno di tutto ciò che sta dietro al sistema e del sistema stesso. Ma io mi chiedo in quale momento preciso si è smesso di viverlo il tempo, anziché occuparlo. Mi chiedo, come mi chiesi il 15 maggio 2000, quale possa essere il senso di tutte le cose che ci siamo creati ad hoc: il lavoro, gli hobby, le relazioni. Che senso, che senso..e mi chiedo perché ogni singolo uomo è così cattivo verso il prossimo? E la risposta è sempre quella: è la diversità a renderci cattivi e la società a crearla. Che bello sarebbe seguire il vento sapendo che la prossima persona che incontro avrà sicuramente un sorriso per me? Che saprà cogliere in un pollice alzato un’occasione di vita? Perché è così difficile credere di poter vivere così, nella più completa libertà e fiducia, nel mondo, nel prossimo, nella strada? L’unica casa: the road. A road to nowhere. Ecco il titolo del mio blog che ritorna: just another soldier on the road to nowhere. E che bello è seguire il filo di queste vicende e dei miei pensieri abbracciata a te? Sapere che “un film del genere lo devo vedere con te”, perché così appena finisce prendiamo e scappiamo. Lontano da tutto e da tutti. Da tutto soprattutto. E che bello è sapere che i tuoi occhi non mentono? Sentire che tutto ciò basta. Frasi, citazioni, canzoni, immagini di una natura che sa regalare momenti indescrivibili per chiunque abbia gli occhi per guardarla e intanto due piedi che si attorcigliano e giocano a rincorrersi. E un gufo impiccione che cerca compagnia, tanto dolce quanto chi se ne occupa. E misteriosi fenomeni paranormali alle scorte d’acqua che portano a enormi punti di domanda..ma cosa importa quando si sta insieme? Non importa niente. Centoquaranta minuti abbracciati a seguire il filo di immagini, pensieri e parole davvero coinvolgenti per arrivare a capire che happiness is only when shared. Beh dai quantomeno è un buon punto di partenza prima di gettarsi davvero into the wild o prima di capire che forse non serve veramente. Un sms, una piccola vibrazione prima tecnologica, poi emotiva, un sorriso. No, non serve.

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07 febbraio 2008
Penso che un uomo senza utopia, senza sogno e senza ideali, vale a dire senza passioni e senza slanci, sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio: una specie di cinghiale laureato in matematica pura.

Fabrizio De Andrè
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