Esiste una meta ma nessuna via. Ciò che noi chiamiamo via è indugiare. Franz Kafka
Chi sono
Nome: Sisa Da: Cremona, Italy About me: "E c'è infine una quarta categoria, la più rara, quella di coloro che vivono sotto lo sguardo immaginario di persone assenti. Sono i sognatori." Kundera
Amo : "te, come non ho fatto in fondo con nessuno", VIVERE, la mia micia Toffee, il Basket, Berbenno, viaggiare (non andare in vacanza!), la Coca e la pizza, fare fotografie, cantare e leggere, le moto e le macchine, la poesia, la letteratura: il linguaggio del cuore. E la linguistica!
Odio : la stupidità , l'ignoranza, l'indifferenza, l'accoppiata soldi&potere, Milano e i milanesi, la guerra, le ingiustizie e il non poterle evitare, calcio e pallavolo :), odio non riuscire a fare qualcosa, odio chi maltratta gli animali, odio non essere ascoltata, odio chi mi conosce e non mi saluta, odio giocare male una partita, odio sentirmi dire 'te l'avevo detto' o peggio 'hai sbagliato..'
Musica : De Andrè su tutti e Vasco per affetto adolescenziale, in generale le canzoni belle, quelle che hanno qualcosa da dire"
Vedi Giò, è normale per persone come noi sentirsi un po' disorientate, un attimo confuse e molto impaurite. Per persone forti nella loro solitudine, traballanti quando invece c'è da mettersi a fare le coppie per giocare. Persone profonde sì, ma con qualche dubbio di troppo che le fa continuamente tentennare. Forse il ma qui non c'entra però. Persone che hanno sempre creduto in tutti i detti in cui ci fosse sottointeso solo il pronome personale della prima persona singolare. Persone a cui la vita ha insegnato che gli altri pronomi sono solo componenti necessari all'atto comunicativo, non certo eventuali compagni di viaggio, persone di cui fidarsi, su cui contare se non in rari casi. Insomma, persone convinte che qualcosa di più c'è, ci deve essere e si spera arriverà, ma anche abbastanza deluse, amareggiate e scoraggiate dalla vita per non sperarci quasi più. E' ben normale per persone così sentirsi disorientate nel momento in cui ti accorgi che l'io non è più solo, che c'è l'estremo bisogno di un tu. E che questi due pronomi collimino in un noi. La pluralità è il tratto che abbiamo sempre negato, pur sperandoci, forse. Ed ora la pluralità diventa un elemento strettamente necessario per la sopravvivenza. E' normale averne paura, caro Giò. Paura perché ti rendi conto che la tua sanità non deriva più dall'unica cosa controllabile a questo mondo: te stesso. Realizzi che sei dipendente da qualcos'altro, da qualcun altro. E il primo pensiero, è normale, è che quello di essere delusi o comunque di perdere questo elemento. Il ragionamento base diventa "e se mi lascio andare e poi finisce tutto?". Eh sì, Giò, non è facile per niente. Ti capisco così bene. Io, così fiera e indipendente, così dura e superiore (almeno in apparenza). E ora io, in ginocchio per 24 ore in solitaria. Dopo aver passato una vita intera da sola. Ti capisco bene. Ma..che dici, ci proviamo? Ci lasciamo andare? Dopotutto, il rimpianto per non averlo fatto sarebbe abnorme e non sarebbe mai compensanto da un'eventuale stabilità. Anche se credo che in realtà l'abbiamo già fatto. Tu che progetti il furuto (o almeno l'estate..mai successo), io che postpongo tutto (tutto..perfino il basket). Insomma, credo che il problema non si ponga più. Credo che il bivio sia già passato e che stiamo percorrendo la strada migliore. Queste, alla fine, sono solo considerazioni di una scelta già fatta, la coscienza di una presa di posizione inconscia, o forse no, che già ci caratterizza. Secondo me ne vale la pena, per entrambi. E credo che porterà solo cose belle, bellissime. In ogni caso, in bocca al lupo, Giò.