Diario di un viaggio
01 settembre 2008
La paura di ciò che ti aspetta non si acquieta. La paura di cosa troverai, di come andranno le cose, delle persone con cui passerai le prossime settimane. L'aereo però non perdona e ti avvii con lo zaino sulle spalle verso un nuovo continente. Non più soggetto, ma oggetto di una colonizzazione insperata. C'è anche un po' di paura di non farcela a dire il vero, che il fisico non regga, ma presto scoprirai che non c'è bisogno di grande preparazione e che le fatiche immaginate restano solo tali. La scaletta dell'aereo ti fa scendere in un posto, non solo nuovo, ma profondamente diverso. Uno scontro immediato con volti, odori, usi e costumi a te sconosciuti. Affascinanti per certi versi, che intimoriscono per altri. Cominciando a calcare le prime strade ti rendi conto di essere completamente succube dei più neri preconcetti e ritrovi dentro di te un po' di stupida e inspiegata paura. Ma è solo un momento, giusto il tempo di focalizzare, di renderti conto che la mentalità con cui si parte e si arriva, figlia di grande ignoranza, non deriva dalla destinazione ma dal luogo di partenza. Presto scopri sorrisi e volti scuri che hanno espressioni tristi e profonde. La domanda ovvia è se tale tristezza sia motivata o se sia solo una fisionomia poco gentile. Vivendo a contatto con queste persone ti rendi conto di una diversità di base: la lentezza in tutto ciò che fanno, che cela un vero e antico gusto di fare le cose più che farsi trascinare da esse. E benché ogni minima attività richieda loro molto più tempo di quanto serva a noi, ci si rende ben presto conto che il tempo a loro disposizione sembra molto di più. Perché le strade brulicano di corpi lasciati seduti su marciapiedi o sulle porte delle case, quasi come se la loro anima li avesse momentaneamente abbandonati per cercare altro, per viaggiare con la mente più lontano di quanto mai potranno forse andare nella loro vita. E allora pensi che quelle espressioni tristi sorgono nel momento in cui l'anima fa rientro nella sua tetra prigione, in quel corpo di carne che non le consente di spaziare. Molte volte ho scrutato i loro visi persi nel nulla e mi sono trovata a chiedermi, un po' impertinentemente, quali fossero i loro pensieri. A cosa mai una mente "come la loro" potesse pensare. Come la loro, non diversa dalla nostra in senso spregiativo, ma nel senso che effettivamente ci separa. E ci separa ben più della distanza effettiva che intercorre tra Lima e Roma. Passano i giorni in questo affascinante paese e forse anche grazie alla conoscenza delle civiltà antiche arrivi a capire qualcosa di quella moderna, che è poi quella che ti interessa di più. Arrivi a capire che se anche c'è internet, se anche hanno le macchine e gli alberghi la loro mentalità è diversa dalla nostra, figlia di principi e idee che ci hanno abbandonato da forse troppo tempo. Studiando, per così dire, la vita della loro civiltà antica più importante, e soprattutto la sua morte, non puoi non chiederti in che cosa abbia sbagliato. E' troppo facile ricondurre la vittoria spagnola all'incapacità di difendersi. La questione è a monte: se il vecchio continente è giunto alla polvere da sparo e ai treni, cosa ha impedito loro di eguagliarlo? Perché dopo agricoltura e coltelli, la loro mente, dotata quanto la nostra, non si è spinta oltre? Una voce a me cara risponde a queste domande "Forse a loro bastava quello". Mi rendo conto che la mia mente, terribilmente corrotta, non aveva afferrato questa probabilità e me ne vergogno un po'. Ma la vergogna dura un attimo (e poi per sempre) dopodiché tutto si fa chiaro in un momento. C'è qualcosa di diverso in loro e in noi. C'è qualcosa di diverso che non può essere ricondotto solamente alle risorse della terra, della "pacha mama". C'è una mentalità che noi non riusciamo a capire purtroppo e che loro hanno conservato oggi come allora. C'è invidia ora nel mio cuore, per la prima volta in vita mia. Invidia per quegli attimi di assortimento che durano giornate ai piedi di una porta sempre spalancata. Ti dicono di stare attento alle borse nei ristoranti, ma ho dovuto mettere più attenzione in metropolitana a Milano che in una qualunque delle loro vie. Invidia per quei volti scuri e tristi. Invidia per il loro denaro che per noi è carta straccia. Invidia per il sorriso splendido che quei volti scuri e tristi sanno mostrare e che incanta il mio obiettivo assetato di emozioni. Hai visto luoghi splendidi, panorami mozzafiato, culture senza tempo ma quando sali sull'aereo ciò che ti porti dentro va ben oltre le 1000 fotografie sulla tua memory card. Ringrazi uno per uno quei volti che ti hanno saputo dir tanto senza nemmeno guardarti né rivolgerti la parola. Consapevolezze che già avevi, che già ti rattristavano, ma che tradotte in un volto non speravi di vedere giammai. El Peru avanza, recitano gli slogan sui muri. Ma io non sono così convinta che somigliare sempre di più a noi sia un grande passo in avanti.

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stancherzza ovverosia quando arriva Natale??
29 novembre 2006
Sono stanca. Ho sonno. Lo so..vi verrebbe voglia di prendermi a scarpate per i 5 mesi che mi faccio annualmente a dormire fino alle 10 di mattina (da maggio a ottobre). Fatto sta che svegliarmi tutte le mattine alle 7.15, seguire lezioni fino alle 12.30, tornare a casa alle 14, mangiare, studiare fino (con qualche pausa, ok) alle 19.00 e poi 3 giorni a settimana allenamento (quindi a letto almeno a mezzanotte) mi sta distruggendo. Lo so..a dicembre sarà tutto finito. Ma ora sono stanca. Io penso a me, non a voi, per cui dico che sono stanca, che la mattina alla prima lezione a volte chiudo gli occhi (e in prima fila non è che sia il massimo!), che in viaggi in metropolitana spesso mi addormento (e ieri pure in tram!), che non ne posso più di leggere Storia della lingua, che però non tocco Storia da giorni..e pure latino..
Che ho un bel lividaccio sulla spalla destra che non ho idea di come mi sia fatta: forse lunedì quando sono uscita dalla macchina troppo in fretta e ho tirato una spallata alla portiera...ma così forte da farmi un livido? Ohlalà.

Insomma..sono proprio stanca..meno male che domani io e my love ci prendiamo un giorno tutto tutto tutto per noi (è il nostro anniversario!) e quindi che nessuno rompa le palle con messaggini e telefonate, capito?? eheh

Io sono stanca e invece il Natale si avvicina. e Natale notoriamente è sinonimo di stress/panico da regalo. e nel mio caso specifico è lo stress del 'cosa regalo a mia sorella?'. e un po' anche a Luca, soprattutto perché un mesetto fa mi erano venute due idee e ho detto 'aspetto a prenderli', però ora ne ricordo solo una. merda. E a mia sorella cosa prendo? avevo 4 idee: 1 resa impraticabile dal fratello di Luca (grrrrr), una scartata all'unanimità (con mia madre) e quindi ne restano due (già presi)..capirai..e a mio cognato? e ai miei? e all'eli per il comple? oltretutto eli sei una stronzetta perché fai il compleanno con la Erica così devo fare il regalo pure a lei!!! ehehehehe

Ora, data la lieta novella che l'esame di venerdì è spostato a lunedì, nonostante domani non studierò niente, e quindi sarebbe carino aprire un libro qualunuque, uno a caso, ora vado dal veterinario con la mia splendida gattina che temo abbia un'infezione alla musetto. e come minimo invece non avrà niente e dovrò sborsare qualche decina di euro per sentire pronunciare la sequenza di foni n-i-e-n-t-e. ma perché non esistono i veterinari della mutua?? il mio medico ti guarda da lontano, fa finta di ragionare, ti scrive una medicina banalissima (tipo aulin però lui la chiama ledoren..che è fatta col nimesulide!) però quantomeno a) non ha pretese di essere un vero medico; b) non lo pago!!

Invece stasera amichevole con Valmadrera (B1) in CASA..deo gratia...già avevo gli incubi sull'infernale trasferta in quel di Lecco..e invece la chiamata di Aurelio ieri nel pomeriggio è stata un raggio di luce....

ah..come è andato il compleanno del my love? Gli è piaciuto il regalo?
Non lo so..lascio rispondere lui...eheheheh

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posted by Sisa at 15:11 | Permalink | 1 comments